L'espansione fino a perdere il confine.
A dircelo sono numerosi fattori, in primo luogo le cromie che, private da qualsiasi elemento di drammaticità, determinato da i contrasti o dalle mescolanze che portano i toni della notte e del buio, interagiscono tra di loro con la leggerezza della contemplazione …quel qualcosa di antecedente che, privandolo da ogni sovrastruttura culturale e simbolica potremmo provare a chiamare primitivo o, meglio ancora, un primigenio compientesi.
Non è un caso che in alcuni dipinti l'accenno sia l'atto più intenso, come nelle opere dove si riconoscono dei drappeggi, dei manti, che assumono forme che ricordano un corpo, un'entità vitale, ma lo fanno in modo che non si riesce a distinguere se sia più vivo il contenuto o il contenitore. Così il manto si anima e diviene tenutario di una consapevolezza creatrice in continuo divenire, in trasformazione che allo stesso tempo custodisce, protegge e genera.
A trattenere la forma sono azioni minime come spilli o peli di ciglia, che si alzano e si abbassano, aprendo e chiudendo lo sguardo, sul mondo. Le ciglia che sono il fitto di una vegetazione archetipica in una scala ridotta del suo frattale, un anemone accennato, un profilo di palme o l'erba di una zolla.
Nelle tele divengono una presenza quasi ovattata, impastata di luce. In questo agire nell'opera, quasi con discrezione, rendendo fondamentali quelli che potrebbero sembrare fatti minimi, l'artista riesce ad ottenere un effetto spiazzante in colui che si espone all'immagine.
Non sono il discernimento, la speculazione, l'analisi a riconoscerlo e posizionarlo ma un essere intermedio, quasi sciamanico dell'esistere la vita, dove i mondi si incontrano e si mescolano e la materia si fa spirito per tornare materia.
Come in quelle tele dove uno spazio bidimensionale definisce uno sfondo e una linea che potrebbe essere il profilo di una spalla e di un collo, femminei, sui quali un tatuaggio sembra disfarsi, svolgersi, compiersi. Così come un intreccio che si disfa o si libera, senza la tensione dello strappo o della rottura ma nell'improvviso abbandono dei legami e quindi nell'espansione. Come la materia delle nuvole che prendono forma e poi svaniscono.
Un opera dipinta in cui appare una mezza luna di blu che ancora una volta potrebbe essere un richiamo alle ciglia chiuse con la palpebra, e un profilo chiaro che potrebbe essere la curvatura di un pianeta, come un naso, sul lato una presenza bionda come una capigliatura o l'idea di essa e, in basso a sinistra una forma densa, definita, come un organismo compito di una materia che ha una densità maggiore, quasi permanente, ossea. Una forma che sembra costituita da due forme fuse assieme, come fossero amanti, e una linea curva rossa che richiama alla vitalità sanguigna e generata. Il rimando alla contrazione e all'espansione è inevitabile perché ciò che può evocare qualcosa della dimensione dell'uomo e anche qualcosa della dimensione planetaria e cosmica.
Questi sono anche gli spazi suddivisi in colori dei dipinti: campi di luce.
Silvano Rutigliano
Expanding to lose the boundary.
There are numerous factors to tell us, first of all the colors which, deprived of any element of drama, determined by the contrasts or mixes that bring the tones of the night and the dark, interact with each other with the lightness of contemplation ... that something antecedent that, depriving it of any cultural and symbolic superstructure, we could try to call it primitive or, much better, a primeval which is accomplished by itself.
To hold the shape are minimal actions such as pins or hairs of eyelashes, which rise and fall, opening and closing the gaze, on the world. The lashes that are the thick of archetypal vegetation in a reduced scale of its fractal, a hinted anemone, a profile of palm trees or the grass of a sod.
It is not discernment, speculation, analysis that recognize and position it, but an intermediate, almost shamanistic being of life, where worlds meet and mix and matter becomes spirit to return to matter.
As in those canvases where a two-dimensional space defines a background and a line that could be the profile of a shoulder and a neck, feminine, on which a tattoo seems to unfold, fulfill itself. As well as a weave that unravels or frees itself, without the tension of the tear or the break but in the sudden abandonment of the bonds and therefore in the expansion. Like the matter of clouds that take shape and then vanish.
A painted work in which a half moon of blue appears which once again could be a reference to the eyelashes closed with the eyelid, and a clear profile that could be the curvature of a planet, like a nose, on the side a blonde presence like a hair or the idea of it and, at the bottom left, a dense, defined shape, like an organism task of a matter that has a greater, almost permanent, bone density. A shape that seems to consist of two shapes merged together, as if they were lovers, and a red curved line that recalls blood and generated vitality. The reference to contraction and expansion is inevitable because what can evoke something of the human dimension and also something of the planetary and cosmic dimension.
These are also the spaces divided into the colors of the paintings: fields of light.
Silvano Rutigliano
Archeologia del colore
Ho conosciuto Romeo Candido otto anni fa. Ciò che mi colpì allora, oltre al suo lavoro, era il suo studio: un luogo riempito quasi costantemente di un riflesso di luce verde; l’edificio, infatti, si trovava in mezzo ad un ampio parco della città. A distanza di qualche anno a Bologna vedendo il lavoro in parte presente in questa mostra, il richiamo è andato immediatamente a quel riflesso di luce verde dello studio berlinese.
Gli aggregati di forme e colori, allora dominanti, sono adesso come assorbiti in un ordine, chiusi da una forma in continuo movimento.
Nella composizione il rapporto forma-colore ora coinvolge un campo sinestesico che lascia all’osservatore un’autonomia creativa nell’associazione.
L’immagine evocata, disgiunta da quella originale, ritrova nell’osservatore delle zone di memoria in sospensione da cui nasce quello che Romeo Candido definisce archeologia del colore.
Roland Manzke
Archeology of color
I met Romeo Candido eight years ago. What struck me then, besides his work, was his atelier: a place filled almost constantly with a reflection of green light; the building, in fact, was located in the middle of a large city park. A few years later in Bologna, seeing his new works present in this exhibition, Archeology of color, the reference immediately went to that green light reflection of the Berlin house.
The aggregates of forms and colors, then dominant, are now absorbed in an order, closed by a form in continuous movement.
In the composition, the shape-color relationship now involves a synaesthetic field that leaves the observer an autonomy in the association.
The evoked image, separate from the original one, finds in the observer the suspended memory areas from which comes what Romeo Candido defines archeology of color.
Roland Manzke